CLASSE 2C - CERTALDO, 07/03/2022>

INTERVISTA AD ANDREA MAYER,

COORDINATORE PROGETTO SAI


Le ricerche compiute e i dati raccolti sull’accoglienza in Italia, hanno fatto nascere in noi molte
curiosità. Siamo molto grati ad Andrea Mayer, coordinatore del Progetto SAI per i

comuni dell’Empolese Valdelsa, che ha gentilmente risposto in maniera molto esaustiva alle

nostre domande e ci ha permesso di approfondire l’argomento.


Gentile Andrea, dove vengono raccolte le richieste di asilo? 
Una persona dovunque si trovi può,  anche verbalmente, dichiarare la propria richiesta di asilo. A
quel punto nel più breve tempo possibile deve presentarsi in questura, farsi riconoscere,
dichiarare le proprie generalità e compilare un modulo specifico dove si deve rispondere a tutta
una serie di domande: da che paese si viene, perché  si è scappati, perché si ha paura di
rientrare. 


Quali sono le motivazioni per cui più frequentemente si richiede asilo?

Le motivazioni sono varie: persecuzioni personali per convinzioni politiche, religiose o altro, 

persecuzioni per motivi etnici, conflitti armati, guerre civili…


Chi si occupa di spiegare e tradurre ciò che i richiedenti asilo non comprendono?

Per legge, i richiedenti asilo che non comprendono o parlano la lingua del paese dove si trovano,

hanno il diritto di chiedere di essere supportati da un mediatore linguistico-culturale

professionale. Il mediatore non è solo un interprete ma parla la loro lingua madre o una lingua

veicolare e spesso proviene dal loro stesso paese d’origine e per questo non ha solo la funzione di

tradurre i documenti ma compie un avvicinamento culturale fra il paese di provenienza e il paese

di approdo.


Secondo la sua esperienza, i richiedenti asilo appena arrivati come si sentono, quali sono le

loro emozioni?

Le situazioni sono molto diverse ed è difficile dare una risposta univoca. Ogni persona è diversa,

ha una sua storia, viene da condizioni economiche, sociali e culturali molto varie. Solitamente

all’arrivo c’è sempre un momento di gioia in moltissime persone per essere vivi, per la

consapevolezza del grandissimo rischio scampato nell’attraversare il Mediterraneo su barche di

fortuna. Dopo la gioia viene spesso la preoccupazione e il dispiacere, tanti hanno lasciato figli,

genitori, fratelli, sorelle, mogli. Talvolta c’è anche lo scoraggiamento iniziale, la paura di non

farcela ad affrontare una nuova vita, un senso di spaesamento per l’arrivo in un paese con lingua,

abitudini, rapporti sociali e tradizioni diverse... 

Col passare del tempo però si afferma anche un forte senso del dovere e affiora l’obbligo morale

di integrarsi e riuscire a trovare un lavoro in modo da mandare dei soldi a casa, così da sostenere

economicamente chi è rimasto nel paese di origine.


Cosa accade se una domanda di asilo viene rifiutata?

In caso di rifiuto il richiedente asilo ha il diritto, entro trenta giorni, di fare ricorso presso il

tribunale competente. Non è detto che un rifiuto iniziale della commissione

territoriale effettivamente corrisponda a un rifiuto definitivo e poi quindi a un decreto di

espulsione.

Nella mia esperienza lavorativa, maturata dal 2015, ho visto che  molte persone che hanno fatto

richiesta di asilo e che hanno avuto un rifiuto iniziale, in seconda battuta o nell’ambito del ricorso,

hanno poi ottenuto lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria o  la protezione speciale.


Perché vengono rifiutate le domande di asilo?

Perché in base alle informazioni che il richiedente asilo fornisce durante il colloquio davanti alla

commissione, non  appaiono ragioni valide e dettagliate per cui la persona, in caso di rimpatrio,

possa trovarsi in una condizione di grave rischio, non sussistono quindi le condizioni per decretare

uno status di rifugiato o una protezione sussidiaria 


L’infografica Emigrazione mondiale è stata gentilmente concessa da www.atlandedelleguerre.it

 

Quali sono i diritti e i doveri nei centri di accoglienza?

Se la persona richiedente asilo non ha nessun tipo di contatto nel paese in cui è approdato o

nessuno che sia disposto ad accoglierlo, ha il diritto di entrare in un centro di accoglienza.

Ci sono diritti e doveri completamente diversi se si alloggia in un centro CAS o in un centro SAI.

I centri CAS fanno riferimento alla prefettura locale mentre i centri SAI fanno riferimento agli

enti locali quindi ai comuni. Se si è in un centro CAS si ha diritto di essere supportato per la

richiesta di asilo, per le proprie necessità anche linguistiche, avere un mediatore, poter imparare

la lingua. I doveri previsti nei centri CAS sono abbastanza stringenti per esempio non rientrare

tardi la sera.

I doveri nei centri SAI cambiano rispetto ai CAS, sono molto meno stringenti. Inoltre nei centri

SAI sono disponibili una serie di percorsi di integrazione sociale, culturale, economica  e

territoriale, anche attraverso il volontariato.


I richiedenti asilo possono allontanarsi dal centro di accoglienza?

Se i richiedenti asilo si trovano nei centri CAS o SAI, per poter mantenere il diritto di alloggiarvi

non hanno la possibilità di pernottare fuori se non chiedendo un’autorizzazione preventiva e per

un tempo limitato. Nei centri SAI i richiedenti asilo hanno diritto di allontanarsi per circa 30

giorni nell’arco di un anno ma le uscite  devono essere concordate e motivate.


Che cosa succede se ci si allontana in maniera non autorizzata?

Dopo tre giorni si perde il diritto di risiedere nel centro di accoglienza, questo però non ha

nessuna implicazione rispetto alla richiesta di protezione internazionale.


Come ci  si sente a sapere di avere la responsabilità del coordinamento di tutti i centri SAI

della zona?

I progetti SAI fanno capo agli enti locali e quindi in questa zona la responsabilità in ultima istanza

è del presidente dell’Unione dei Comuni. All’interno dell’Unione dei Comuni c’è poi una figura che ha

la responsabilità formale del progetto, e poi ci sono le associazioni, le cooperative e il terzo

settore che gestiscono i servizi.

Io sono il coordinatore per l’associazione Oxfam Italia, una grande ONG, che ha la responsabilità

di tutti i centri del progetto SAI della zona, dove accogliamo 75 persone in questo momento, ma

non sono da solo, ci sono tutti i referenti e i collaboratori delle altre associazioni con cui

lavoriamo come la Misericordia di Certaldo, che ha in questo momento nel vostro paese una

struttura dove accogliamo 9 persone e un appartamento a Gambassi dove ne accogliamo altre 5. 

Mi sento una grossa responsabilità, ma come in tutti i settori, non è mai una sola persona che ha

tutta la responsabilità, c’è una pluralità di persone coinvolte.


CLASSE 2C, SECONDARIA DI PRIMO GRADO, CERTALDO, a.s. 2021-22

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